E’
dura la vita di un Fan appassionato, soprattutto se l’oggetto della passione
è una Rock Star che non ha proprio lo stile e la visibilità
di una Rock Star e fa un disco ogni 4 anni (se sei fortunato). L’attesa
è lunga, e la fiammella della tua passione deve essere sempre alimentata.
E allora tutti i giorni vai ad aprire la pagina internet della fanzine
a lui dedicata, e speri sempre di trovarci una notizia, un indiscrezione,
qualcosa che ti faccia sperare di rivederlo presto…qualcosa che alimenti
la fiamma della tua passione…
Se poi finalmente viene a
suonare nella tua città, nello stadio della tua città, quello
stadio in cui lo hai visto per la prima volta 18 anni e una settimana prima…beh,
in qusto caso la faccenda si fa seria, e allora fai code e appostamenti
per accaparrarti il prezioso tagliando già con 7 mesi d’anticipo,
e quando arriva il momento sei così carico e pieno di “benzina”
che potresti scoppiare. Poi c’è l’ansia e un po’ la paura che possa
essere l’ultima volta, perché gli anni passano per te come per la
tua Rock Star preferita, e ti viene voglia di vederla, di poterle dire
una parola anche stupida, di scattare una foto con qualcuno della Band,
di farti autografare la copertina di un disco, di modo che in ogni evenienza
futura, tu abbia dei solidi ricordi a cui aggrapparti per tenere viva la
fiamma della passione (oltre ai cento e più concerti registrati
che tieni ordinatamente catalogati come Reliquie).
Così un giorno prima
del concerto scopro che parte della mitica E Street Band (ah, dimenticavo,
il mio idolo è Bruce Springsteen) alloggia in centro a Milano, così
mollo l’ufficio e mi precipito in Via Gesù ad appostarmi per cercare
di incontrarli. Davanti all’hotel ci trovo un tipo di Bergamo che è
lì già da 3 ore, ancora nulla, ma siamo speranzosi. Infatti
la nostra paziente attesa viene premiata e vediamo uscire il batterista
“Mighty” Max Weinberg. Beh, decisamente qualche clichè sulle Rock
Band cade quando scorgiamo che il nostro esce tranquillo dall’hotel in
ciabatte, bermuda e maglietta, con il suo Herald Tribune sotto il braccio.
Sembra quasi sorpreso di vederci, ma non si fa pregare e si ferma accettando
di buon grado di scambiare qualche parola, firmare gli autografi e scattare
le foto di rito.
Nel pomeriggio il numero degli
“appostati” sale a una decina di persone, e per far passare il tempo ci
si scambia storielle ed aneddoti sulle nostre avventure e sui concerti
visti in Italia, in Europa, nel Mondo. Io sono “soltanto” al dodicesimo,
ma c’è chi ne vanta già 60 (vero Guga ???). Siamo fortunati,
con la stessa tranquillità di Max, becchiamo anche Gary W. Tallent,
il bassista della E Street, che si dimostra altrettanto cordiale e paziente.
Qualcuno gli chiede: “Dov’è Bruce ?” e lui “Non lo so, anzi lo so,
ma non lo posso dire, sorry”. Ma tanto lo sanno tutti che è con
la famiglia nella tranquilla pace di Villa d’Este a Cernobbio e forse dopo
quasi un anno di Tour, giunto alla fine di questo spezzone europeo, un
po’ di tranquillità se l’è anche meritata. La giornata finisce
in bellezza con l’incontro con “Miami” “Little Steven” Van Zandt alias
Dante Soprano. Bandana e camicia a colori sgargianti di ordinanza, anche
lui firma autografi e si mette in posa per la foto. Una dimensione di normalità
che mi aspettavo, ma che nonostante tutto mi sorprende, forse perché
le gambe tremano e i peli delle braccia fanno la ola…e il fuoco della passione
si alimenta.
Arriva finalmente il grande
giorno. In casa dissimulo una falsa tranquillità, subito smascherata
da mia moglie (mi devi proprio amare), e allora cedo, e lascio tutto per
precipitarmi di nuovo davanti all’hotel, nella speranza (vana) di vedere
il Boss. Purtroppo l’atmosfera è diversa rispetto a ieri. C’è
molta più gente e l’organizzazione è decisamente più
a misura di rock star, e così dopo ore di appostamento ci dobbiamo
accontentare di vederli passare di sfuggita in macchina (mitico Clarence
“Big Man” Clemmons con cappellaccio e sigaro cubano d’ordinanza). A questo
punto mancano 4 ore al concerto e quindi decido di sentire il mio “compare”
Guga che già gironzola attorno allo stadio in attesa di carpire
le note del Soundcheck (se fosse l’ultimo concerto che vedo del Boss non
potevo scegliere compagno migliore di Guga per viverlo. Grazie fratello
!)
Arrivo alla mitica “Scala
del Calcio”, trasformata per oggi nella “Scala del Rock ‘n’ Roll”. C’è
già un sacco di gente, qualcuno si era addirittura appostato ai
cancelli la sera prima per poter accedere al “Pit”, dove un migliaio di
fortunati seguiranno il concerto a pochi metri da Bruce. Trovo Guga che
mi ragguaglia sul Souncheck: “Ha provato Follow that dream, speriamo sia
per stasera”. Incontriamo un amico del Guga che stà andando ad un
cocktail organizzato nella sala Executive dello stadio in onore di Bruce.
Proviamo a strappargli un invito, e lui ci promette di farci sapere…GGGGRRRRRR
!!!!!!
Verso le 17,30 accediamo finalmente
allo stadio e ci sistemiamo sul prato in una posizione più che dignitosa.
Ci appisoliamo un oretta e quando ci alziamo in piedi lo stadio è
ormai pieno, manca un ora all’inizio del concerto, e cominciamo a scommettere
su quali sorprese potrà riservaci il nostro in termini di scaletta.
Squilla il telefono, è
Gibi, gli diamo le coordinate e dopo poco lo vediamo sbucare con la maglietta
del Brasile di Ronaldo d’ordinanza. Ci sono anche il Mostro e Chicco, c’è
la Raffa e l’Ale (complimenti per la gravidanza ragazzi !!!) e c’è
Teo con Simona (complimenti per il neonato Pietro !!!). Mi volto e trovo
per caso Ivan e Alessandro, miei compagni di avventura al concerto di Firenze,
e poco lontano Mario e Fleming (Su-Danese !!!) veterano di mille concerti,
e Luciano con la figlia (poi uscirà mezz’ora prima della fine per
cercare di incontrare Bruce a Malpensa, ma niente da fare)…è un
happening meraviglioso, ci siamo tutti (anche mia moglie sulle tribune
con in grembo mio figlio che, non ancora nato, ha già la fortuna
di partecipare ad un concerto del Boss !!!), lo stadio è pieno l’atmosfera
è giusta, lo spettacolo può incominciare…
E si comincia subito con le
sorprese con, al posto dell’ormai usuale Born in the USA acustica, l’armonica
che introduce The Promised Land. Lo stadio esplode e finalmente possiamo
liberare tutta l’emozione e la tensione ballando e cantando a squarciagola
“Mister, I ain’t a boy, no I’m a man and I believe in a Pomised Land”.
Seguono The Rising e Lonesome Day dall’ultimo disco e si prose gue con
My Love Will Not Let You Down, e noi glielo cantiamo in coro che il nostro
amore non finirà mai di supportarlo. Si spengono le luci ed attacca
una splendida versione di Darkness on the Edge of Town, mentre, quasi a
sottolinearne lo spirito, nel cielo cominciano ad accalcarsi nubi minacciose.
Bruce a questo punto ricorda il concerto dell’85, uno senza dubbio dei
più memorabili della sua carriera, il primo in Italia paese natale
della madre, Adele Zirilli. Chiede silenzio e attacca Empty Sky, il suo
accorato omaggio a tutte le vittime dell’11/9 (Blood on the streets, blood
flowin’ down, I hear the blood of my blood, cryin’ from the ground). Comincia
a cadere qualche goccia, quasi che anche il cielo voglia piangere quei
poveri innocenti. Segue The River e a questo punto si scatena un vero nubifragio,
proprio mentre Bruce canta: “Down to the river though I know the river
is dry”. Qualcuno tenta la fuga, ma siamo già fradici e a questo
punto comincia uno dei momenti memorabili del concerto. Cantiamo e balliamo
sulle note di Waitin’ on a Sunny Day, durante la quale Bruce si infila
un cappello da cow-boy e viene a cantare anche lui all’aperto sotto il
diluvio, seguita da una mai così appropriata Who’ll Stop the
Rain, e da una versione mozzafiato di Growin’ Up (la mia prima della carriera)
durante la quale Bruce ci ricorda che sono passati 18 anni da quel 21 Giugno
1985, e che da allora siamo cresciuti assieme. Siamo completamente zuppi,
il Mostro si leva la maglietta e ce la strizza in testa, ma con le catinate
d’acqua che arrivano nemmeno ce ne rendiamo conto. Riprendiamo fiato su
World’s Apart che ci consente anche di renderci conto del magnifico colpo
d’occhio che fornisce lo stadio illuminato da migliaia di lucine. Parte
Badlands, e io il Mostro e Guga ci ritroviamo a saltare e a cantare abbracciati.
Segue Out in the Street (When I’m out in the street, ohohohohoh, I walk
the way I wanna walk), e Mary’s Place dove Bruce introduce la E Street
Band, un manipolo di ultra cinquantenni, mai così in forma e mai
così affiatati.
“Questa canzone è per
Milano” e attacca Follow that Dream ed è la prima volta che la suona
in questo tour. Thunder Road è praticamente un karaoke, mentre Into
the Fire, dedicata ai pompieri che senza saperlo si sono andati ad immolare
per cercare di salvare altre vite umane, è eseguita con una intensità
che non avevo mai sentito prima (I need your kiss, but love and duty called
you someplace higher, somewhere up the stairs, into the fire). Chiude la
prima parte del concerto No Surrender altro omaggio a quella splendida
notte di 18 anni fa (‘Cause we made a promise we swore we’d always remember,
no retreat baby, no surrender). Pochi minuti di pausa e si ricomincia con
Bobby Jean e tutte le mani dello stadio si muovono ritmicamente a destra
e a sinistra (And I’m just calling one last time, not to change you mind,
but just to say I miss you baby, good luck, good bye, Bobby Jean). A questo
punto arriva Ramrod a trascinarci in uno sfrenato Rock ‘n’ Roll (“What
time is it ???” Chiede Bruce. “It’s Boss time !!!” Rispondiamo tutti in
coro con Little Steven)Poi di colpo si accendono tutte le luci dello stadio
e Born to Run ci trascina nel delirio più totale. Quasi istintivamente
sul verso “I wanna die with you out on the streets tonight, in an everlasting
kiss” io e Guga, avendo in mezzo il Mostro, ci giriamo e lo baciamo sulla
guancia…il ragazzo sembra non disprezzare…
Altra brevissima pausa e Bruce
torna sul palco per cominciare solo al piano il gospel My City of Ruins
e a seguire il pezzo che chiudeva il passato Reunion Tour: Land of Hope
and Dreams. Quando arriva questo pezzo sono sempre molto triste e non riesco
mai a godermelo appieno, perché so che il concerto volge al termine,
e mi domando sempre, quando accadrà di nuovo ?
Ora non vogliamo certo che
Bruce se ne vada, e lo chiamiamo a gran voce come ci ha richiesto per tutto
lo spettacolo: Bruce ! Bruce ! (lui lo pronuncia esattamente come si scrive
e ci sfotte un po). Massì, non può finire così, e
allora tutti agli strumenti e parte una scatenatissima e tiratissima Dancin’
in the Dark (devo dire che questa versione rivitalizza un pezzo che non
ho mai ritenuto all’altezza). Adesso è lui che non vuole più
mandarci via, e come si dice “Leave the best for the last”… I primi accordi
ci confondono, del resto erano 15 anni che questo pezzo non veniva suonato
in Europa… la riconosciamo dopo pochi secondi ed è l’apoteosi: io
salto impazzito in groppa al Mostro, Guga vaga con uno sguardo da invasato
e tutti insieme ci ritroviamo a cantare: “Rosalita Jump a little
lighter, Señorita come sit by my fire, I just want to be your love,
ain’t no lie. Rosie you’re my stone desire”. Questo è veramente
un regalo impagabile che il Boss ci ha voluto fare, che ha voluto fare
alla sua gente, “This is my home, I’ll be back !” ci ha gridato. E noi
ti crediamo Boss, palle non ce ne hai mai raccontate, sei sempre stato
te stesso, e noi ti amiamo anche per questo.
Setlist: The Promised Land/The
Rising/Lonesome Day/My Love Will Not Let You Down/Darkness on the Edge
of Town/Empty Sky/The River/Waitin' on a Sunny Day/Who'll Stop the Rain/Growin'
Up/Worlds Apart/Badlands/Out in the Street/Mary's Place/ Follow That Dream/Thunder
Road/Into the Fire/No Surrender
First Encore: Bobby Jean/Ramrod/Born
to Run
Second Encore: My City of
Ruins/Land of Hope and Dreams/Dancing in the Dark/Rosalita