Anno 0 Numero 11 | Arretrati |
La vis poetica ultimamente
si è un po’ affievolita, complici alcune situazioni personali e
di tempo che da un lato hanno distratto la mente di che scrive, dall’altro
hanno sottratto tempo e voglia di mettersi davanti al computer anche la
notte per riversare il proprio pensiero, peraltro in questo momento un
po’ confuso. Anche quest’anno la festa più tradizionale del calendario
è passata, tranquilla e piacevole in un’atmosfera resa ancor più
suggestiva dall’insolita nevicata, domani è tempo di Subbuteo, secondo
tradizione, poi piano piano, con l’intermezzo dell’ultimo dell’anno, che
invece a parer mio contende al carnevale il titolo di festa più
insulsa, si ritornerà al tran tran normale, alla vita di tutti i
giorni, senza per la verità dare una connotazione negativa a questo
termine. Un mese fa mi sarei seduto di fronte alla tastiera per scrivere
il capitolo successivo, in una sequenza logica, del pensiero filosofico
“imbecille”, ora invece ho bisogno di un attimo per riflettere, quello
che mi sembrava come ovvio ora lo trovo quasi inopportuno, futile, è
come se in questo mese tante mie convinzioni, idee e modi di essere siano
state messe non tanto in discussione, quanto ripensate criticamente. Facile
dare la colpa di tutto ciò a un drastico mutamento delle mie abitudini
di vita sopravvenuto negli ultimi mesi, ma forse questo cambiamento ha
solo accelerato un processo di trasformazione, di ripensamento, che non
vuol dire rinnegamento, del proprio modo di essere. Intendiamoci, io ritengo
di essere imbecille ancor più di prima, solo sono cambiati i termini,
lo scontro con la cosiddetta normalità si sta alzando di livello,
non basta più, o comunque non è più adatta alla bisogna,
la resistenza passiva, è necessaria una reazione, un uscire da quell’immobilismo
che forse è stato il limite negativo che ha portato il mondo “imbecille”
a un certo qual decadimento, peraltro proprio di tutte le epoche di transizione
della storia. L’imbecille, l’ho provato sulla mia pelle, è pigro
per natura, ma questa sua pigrizia congenita se poteva andare bene in tempi
di quiete relativa, si ritorce inevitabilmente contro in questo momento
di rapide trasformazioni che caratterizza tutti i campi della quotidianità.
Mi ritrovo così a dover combattere per difendere l’acquisito, e
questo tipo di combattimento aumenta la mia “imbecillità”, perché
chiunque dall’altra parte della barricata non esiterebbe a domandarsi:
“Cui prodest”, e io sono orgoglioso di rispondere “Mihi”. Come avrete intuito,
la componente egoistica del mio pensiero si è fortemente accentuata,
ma è inevitabile che il mondo vada in questa direzione, anche se
in apparente contrasto con questo è aumentata la disponibilità
ad ascoltare gli altri, sempre che questi abbiano qualcosa da dire. Concludo
questa digressione natalizia con la speranza che la narcosi i cui si è
rifugiato momentaneamente il mio pensiero, sia preludio a un risveglio
positivo e ricco di stimoli propositivi, e con un monito, che non vuol
essere un anatema, a tutti coloro che sono contenti così, o che
pensano che io stia delirando, affinché stiano attenti alle brusche
sterzate, alla scarsa visibilità, che vuol dire mal interpretare
le situazioni, qualcuno ha scritto e sostenuto “panta rei”.
All Things Must Pass (George Harrison) |
La Storia degli Imbecilli ovvero non si vive di solo pane ci sono anche le brioche (By Marco Giunco)
Gli Imbecilli di oggi e di ieri
La lega Cigno (imbecilli nel mondo)