La partenza avviene sempre con la pioggia, non so perché, deve essere una specie di maledizione che colpisce noi viaggiatori solitari, oppure, al contrario, è la benedizione che ci manda un dio benevolo per aiutarci a nascondere quella lacrima che, a volte, scappa mentre ci guardiamo le scarpe per non farci sopraffare da quello che lasciamo. La partenza è un addio mai un arrivederci perché anche se dovessimo tornare nulla sarebbe come prima. Impercettibilmente ma tutto sarebbe cambiato in nostra assenza per cui, nel frattempo, saremmo diventati estranei. Ma noi non vogliamo tornare, una volta partiti è per sempre. Stavolta si parte in treno. A nessuno piace la Stazione Centrale di Milano, a me si. E' imponente, sembra un monolito messo li' come una sfinge ad indicare la via a qualcuno che non saprebbe dove andare, se non ci fosse quel segnale. Un tempo ci si dava l'appuntamento al transatlantico ora l'hanno tolto e chissà dove lo hanno messo, ci cambiano sempre i punti di riferimento, lo fanno apposta per confonderci e costringerci a dipendere sempre da cose impalpabili, per potersi, poi, creare sempre una scusa, "Eri al Bar in fondo a destra e io ti aspettavo in quello nuovo in alto a sinistra", no il transatlantico era sempre lì, non potevi sbagliarti, "il Raffaello" era lì, il monolito nel monolito, per noi bambini di allora la sicurezza di non potersi perdere: "Se ci si perde ci si trova al transatlantico" mi diceva mio padre quando andavamo a prendere qualche parente che arrivava da giù, e qualche volta ci è capitato di perderci apposta per restare più tempo possibile ad ammirarlo, a sognare di essere il suo comandante, in perenne viaggio. "Un biglietto per Bologna solo andata 2^ classe, per favore". Quando si è viaggia si cerca sempre di essere il più possibile cortesi, un sorriso, una buona parola per tutti quelli che incontriamo, a cui dobbiamo chiedere qualcosa, a cui, più semplicemente, stiamo seduti davanti durante l'attesa dell'arrivo. Qualcuno risponde con garbo: al saluto, al sorriso, alla cortesia, altri non ti vedono nemmeno come fossero immersi nella nebbia dei loro pensieri, altri ancora scambiano la tua banale cortesia per un sotterfugio per fregarli, quest'ultimi sono i più pericolosi, pronti a tradire, pronti ad aggredire, pronti ad arrogarsi il diritto di giudicare. I giudici delle stazioni appoggiati ad una pensilina in attesa degli eventi che capitano però altrove: loro non possono accorgersene guardano fissi in avanti, sanno già. I giudici delle carrozze che ti guardano torvi se non ti sei alzato per far sedere quel vecchio, quella donna; che ti guardano dentro per vedere chi sei, ma sanno già che non sei uno di loro, sei un altro, che ti osservano da dietro un giornale, nascosti dall'apparenza di un gesto banale, pronti a urlarti cosa fare, cosa non fare... soprattutto cosa non fare. E molto più facile dire 'NO' piuttosto che 'SI'. I giudici dei corridoi che quando passi chiedendo permesso ti guardano con odio come per dirti "Si mi sposto ma non hai idea del favore che ti sto facendo", "Ma devo scendere", "Chissenefrega....". I giudici che scrivono le lettere anonime... tutti uguali dovunque andiamo. I treni puzzano, anche quelli nuovi, ed è un'odore che ti resta anche dopo esserti fatto una doccia, un odore che si annida nelle tue narici e ti resta dentro per un po' e non c'è profumo che tenga. I treni puzzano e puzzano le persone, puzzano di vita. Ed è un odore intenso di storie da raccontare, di storie da percepire ed assaporare, storie di dolori mal celati, di felicità dimenticate, di amori persi e ritrovati, di solitudini, di tempeste, di mocassini su una strada, di biciclette rotte, di credenze piene di altri ricordi, piccoli gingilli di battesimi, comunioni, cresime, matrimoni, bomboniere di una vita, punti di riferimento temporali. E' una puzza che lascia il buono di se alle spalle, storie, bellissime storie. In treno ogni tanto ci si trova, ci si guarda, ci si parla da perfetti sconosciuti e ci si racconta che nemmeno un amico e non si mente. A volte si sta in silenzio per tutto il viaggio leggendo un libro. Con la chitarra appoggiata sul portabagagli in silenzio. Qualche volta se siamo soli si suona. Qualche volta, soprattutto se è notte, si canta. Qualche volta si dorme ma è un sonno che non ha sogni. Qualche volta...!
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