Troppo facile fare dei nomi adesso che non sono più della partita. Diciamo che nel nostro clan, che voi potete chiamare Clan dei Fassina o Imbecilli o come meglio vi pare ve ne è un bel numero ma a mio insindacabile giudizio ne abbiamo visti all'opera di molto peggio. E' proprio vero che Winner è il migliore di tutti noi ma anche Giorgio non è male. Allora Torre Boldone dovrà attendere e con essa tutta quella serie di squadre e squadrette che non mi vorrebbero alla loro guida. Alla prossima vita. Con immutato disaffetto mi firmo Marco Giunco. E cuccatevi la terza puntata de: "Il viaggio"
Quante volte durante un viaggio incontriamo un bivio? Ogni volta una domanda senza risposta, una scelta dettata più dal caso che dalla ragione perché, per quanto ci piaccia barare, un fatto lo riusciamo a razionalizzare solo dopo il suo compimento e allora in aria la monetina e via senza rimpianti... Ma quante volte ci viene da chiederci e se fossi andato di la? Una moltitudine di universi paralleli in cui sono contenute tutte le scelte che abbiamo scartato. "Dove vado a destra o a sinistra?", "Bevo un caffè o un bicchier d'acqua?", "Vado dietro a quei capelli biondi o a quei capelli neri o a tutti e due?". Quando si scende da un treno abbiamo lasciato qualcosa in quella carrozza, magari un compagno occasionale a cui abbiamo narrato insostenibili e banali verità esistenziali, magari una sciarpa, magari un paio di occhi in cui ci siamo persi per un po' e ci hanno fatto sognare uno svolgimento diverso del nostro pellegrinaggio perenne. Una volta ho messo una sciarpa per mesi perché Robbie Robertson la portava in "The Last Waltz", stesso colore, stessa lunghezza, guardavo e riguardavo quelle immagini e cercavo di diventare quella foto, quell'istante, quel tocco di chitarra, quelle note, quelle parole "Has anybody seen my lady, This living alone will drive me crazy, Oh, you don't know the shape I'm in"... poi durante un viaggio quella sciarpa si separò da me mentre mi perdevo dietro un paio di occhi sotto dei capelli biondi. Cosa sarebbe stata la mia vita se non avessi perso quella sciarpa? Cosa sarebbe stato se? Se? Quando si lascia una stazione si entra in un mondo nuovo, se è sera poi il mondo è anche illuminato, se è notte ci si sente un po' più soli ma in certo senso rassicurati: poche macchine per strada, pochi viandanti, la notte appartiene al male, agli assassini, alle puttane, ai Dj, alle voci che parlano di cose misteriose, a me che scrivo, a volte suono, di solito parlo... osservo. Le cose che si vedono di notte, all'arrivo in una città nuova, alla mattina non appaiono più, si perdono come se il sole le cancellasse per farci perdere quei pochi punti noti in una realtà sconosciuta, meravigliosamente sconosciuta. La notte rassicura il giorno ci scopre nudi, senza difese, in un mondo alieno, non nostro, tutto è da scoprire, edifici familiari perché magari visti in qualche foto ma che alla prova della realtà ci appaiono diversi da come ci sembravano, noi non siamo di questo pianeta oppure siamo tornati un po' più bambini quando bastava una foglia che cadeva da un albero a farci stupire. Il bivio è stupore per quel che possiamo trovare rimpianto curioso per quello che avremmo potuto trovare. Allora torna, consolatrice, l'immagine dell'universo parallelo in cui stiamo vivendo questa stessa vita e per ogni scelta un possibile svolgimento e man mano che andiamo avanti gli universi diventano sempre di più perché sempre di più sono le scelte che abbiamo fatto. Il paradiso del viaggiatore solitario lo immagino come il luogo in cui ci viene data la possibilità di esplorare tutti questi universi e di sapere cosa sarebbe successo se... l'inferno come il luogo dove percorrere eternamente ed interrottamente la stessa strada senza mai un dubbio su dove stiamo andando. Cammino per questa lunga strada in solitaria incoscienza non so dove approderò veramente, so che sto andando, la mia chitarra fedele compagna, un coltellino passato dalla borsa alla tasca.
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